LE RELIGIONI IN CINA

La Repubblica Popolare di Cina si definisce ufficialmente atea. Nonostante questo, la maggioranza della popolazione (circa l'80%) si professa buddhista o taoista. In percentuale nettamente inferiore compaiono, con netto distacco, anche le due religioni principali di minoranza in Cina: il Cristianesimo, circa il 3%, e l'Islam con circa l'1,5% di fedeli.
Se il Buddhismo è maggiormente presente nelle città e nei ceti sociali più alti, a livello popolare resta diffusa la religione tradizionale cinese (o Religione Popolare Cinese): un insieme di pratiche religiose e credenze che la maggioranza dei cinesi seguiva prima del 1949 (anno della fondazione della RPC) e da cui diverse scuole religiose sono scaturite, arricchendosi di nuovi concetti, riti e divinità.
 
Il tempio di Mazu nel Fujian, CinaSi tratta della sintesi di alcuni importanti elementi strutturali come il pellegrinaggio (Chaosheng), la geomanzia (Kanfengshui), la possessione spirituale (Shenling futi) e la predizione del futuro (Suanming): un esempio di questo tipo di pratiche si può riscontrare nei pellegrinaggi al tempio di Mazu nel Fujian, dove i fedeli di Taiwan si recano abitualmente.
Essendo una forma di religiosità ‘popolare’, il governo della Repubblica Popolare attualmente non ne sostiene la "rinascita". Infatti, dopo la fase di forzata repressione religiosa durante l’epoca maoista, negli anni ’70 si assistette a un periodo di ‘liberalizzazione’ in cui le principali religioni, dotate di un corpus di testi che potevano essere fatti oggetto di studio o di insegnamento accademico, venivano salvaguardate e accettate.
La direttiva n°19 del PC (emanata nel 1982) a questo proposito, garantisce la “tutela” da parte dello Stato nei confronti della religione e del suo ruolo sociale, a patto che essa non interferisca con la sfera politica o che, come dichiarato espressamente nella Costituzione, non sia soggetta ad “alcun controllo estraneo”.
Attualmente quindi la religione non è più un “retaggio feudale”, ma una forma di “patrimonio culturale immateriale” (Feiwuzhi wenhua yichan) condivisa e riconosciuta.

Cina: religioni o filosofie?

Nel lessico contemporaneo, sono usati due termini ‘moderni’ per rendere la distinzione (di stampo occidentale) tra ‘filosofia’ e ‘religione’. In realtà, anticamente, questa distinzione non era affatto necessaria in quanto i ‘filosofi’ in Cina venivano chiamati semplicemente zi (‘maestri’), titolo che ritroviamo attribuito ai più eminenti capiscuola: Lao Dan è chiamato infatti Laozi, Zhuang Zhou è chiamato Zhuangzi, ecc.
 
Gli zi potevano formare in seguito delle jia, termine tradotto con ‘scuola’ ma che originariamente (e tuttora nel maggior numero di contesti) significava ‘casa/famiglia’ (rappresentato graficamente da un tetto mian, sotto cui allevare animali domestici shi). Il termine allude quindi, più che a una vera e propria suddivisione netta in scuole e correnti, a dei ‘movimenti di pensiero’ di gruppi di intellettuali che condividevano orientamenti e ideali.
Tant’ è vero che il periodo assiale dello sviluppo del pensiero cinese (che ebbe luogo nella seconda fase della dinastia Zhou: 722- 481 a.C.) viene denominato come il periodo delle ‘cento scuole’ (baijia) in cui ebbero origine e si formarono scuole e dottrine distinte che segnarono i successivi sviluppi dei diversi sistemi filosofici cinesi. L’espressione bai jia, risalente al II sec. a.C., è composta da due caratteri: bai (lett. ‘cento’) che indica qui una pluralità generica e jia, appunto.
 
In epoca più moderna però, si è ritenuto necessario distinguere il significato di ‘religione’ da quello di ‘filosofia’ e per farlo si è ricorso a delle traduzioni mutuate dal giapponese.
 
Il termine zhexue significa letteralmente ‘studio della saggezza’ ed è attualmente impiegato per tradurre ‘filosofia’. Non si tratta di una parola appartenente alla tradizione classica ma, al contrario, fu originariamente coniata in Giappone alla fine del XIX sec. sotto l’influenza occidentale. In giapponese compare con gli stessi caratteri e con lo stesso significato, ma con pronuncia tetsugaku.
 
Zongjiao invece, significa letteralmente ‘dottrina degli antenati’ in riferimento a una parte consistente della religione arcaica cinese: quella relativa appunto al ‘culto degli antenati’. Anche in questo caso, il termine fu ripreso dai giapponesi in epoca moderna (stessi caratteri, pronuncia shukyo) per rendere il concetto, in senso ‘occidentale’, di ‘religione’ e da lì fu poi nuovamente reimportato in Cina con queste nuove connotazioni.

Introduzione alle principali religioni cinesi

Nel III millennio a.C. si trovano nella cultura del Fiume Giallo le prime tracce di tecniche divinatorie effettuate attraverso la piromanzia o l’interpretazione dei segni di origine naturale. Si tratta di testimonianze archeologiche che attestano la presenza di culti legati al ciclo della terra e dell’agricoltura, affiancati a quelli relativi al mondo degli spiriti e degli antenati.
 
Ma è soltanto con la fine dell’epoca Zhou e con il successivo lungo periodo di divisione territoriale e guerre (terminato con la presa del potere da parte della dinastia Qin nel 221 a.C.), che nascono le due principali filosofie/religioni cinesi.
ConfucioSi tratta ovviamente di Confucianesimo e Taoismo che, semplificando, molto spesso vengono contraddistinti l’uno come la dottrina ‘sociale’ (in quanto interessata prevalentemente all’arte del buongoverno e al comportamento dell’uomo come ‘animale sociale’), l’altro come la dottrina ‘individuale’ (in quanto interessata più alle questioni metafisiche e alla realizzazione individuale che non alle norme della convivenza civile).

Il Confucianesimo

Confucio (in cinese Kong Qiu, successivamente latinizzato dai missionari cattolici in Kongfuzi) è collocato dalla tradizione nel IV secolo a. C. (551 a.C.- 479 a. C) e i suoi insegnamenti sono raccolti nel Lunyu (Dialoghi). Si tratta di una figura molto importante per la cultura cinese: il confucianesimo permea e plasma numerosi aspetti delle relazioni, della società e dell’etica, anche in epoca contemporanea.

Il Taoismo

Il tempio taoista di Qingyang a ChengduIl Taoismo, oggi maggiormente diffuso nella Cina meridionale e insulare, è un sincretismo di pratiche religiose e rituali che prende forma sulla base degli scritti di Lao Zi, figura più rappresentativa e ispiratore della corrente taoista. Si tratta di un personaggio mitico che la tradizione colloca intorno al VI sec. a.C., di cui mancano però i dati biografici precisi di riferimento, a differenza invece dell’altra figura cardine del taoismo: Zhuangzi (Maestro Zhuang), la cui esistenza è invece tramandata da manoscritti che lo collocano nel IV sec. a.C. Ai due maestri sono attribuite le due opere principali del taoismo (1): rispettivamente il Daodejing e il Zhuangzi.
 
Parlando di Taoismo, è però necessario fare una distinzione cronologica tra il taoismo ‘filosofico’, daojia (2), e il successivo taoismo ‘religioso’, daojiao (3), legato alla divinizzazione (nel II sec. d. C.) di Laozi: inizialmente il taoismo infatti si presentava più come una corrente di pensiero che non come una vera e propria religione, al contrario di quanto invece succede attualmente. Al giorno d’oggi si contano più di 5000 templi taoisti in Cina.

Il Buddhismo

L’altra religione importante della Cina è il Buddhismo. A differenza delle precedenti, non è una religione ‘autoctona’ ma ‘barbara’: importata cioè da un altro Paese, l’India.
 
Le prime testimonianze attendibili dell’arrivo del buddhismo in Cina risalgono al I-II secolo d.C., durante la dinastia Han. Attraverso la Via della Seta (che metteva in comunicazione la Cina con l’Asia centro-occidentale) e le rotte marittime, il buddhismo giunse in Cina dai diversi centri sparsi in tutta l’Asia, introducendo simultaneamente linee di pensiero, testi e idee appartenenti a correnti diverse.
 
Perciò inizialmente i cinesi non recepirono il buddhismo come una dottrina coerente, ma piuttosto come un conglomerato di insegnamenti diversi e a volte persino contradditori, tutti considerati parte integrante del messaggio del Buddha.
 
Fu solo con la caduta degli Han (221 d. C.) e con la divisione territoriale della Cina in tre stati rivali (periodo dei Tre Regni: 220-265 d. C.), che la dottrina buddhista cominciò a ritagliarsi un proprio spazio definito. Infatti in una situazione di caos e guerra incessante come quella che la Cina stava affrontando in quel momento, il concetto di transitorietà, sofferenza universale e retribuzione karmica (4) descritto dal buddhismo, iniziò a proporsi come spiegazione ultima della realtà e come via di salvezza.
 
Durante la dinastia Sui (589-618) e la successiva dinastia Tang (618-906) si verificò l’apogeo del buddhismo in Cina. Infatti, sotto la ritrovata unità imperiale, il buddhismo prosperò sia a livello popolare (affermandosi come il credo principale della maggior parte della popolazione) sia a livello statale. Dal punto di vista dottrinale, fu proprio durante quest’epoca che il buddhismo vide la formazione di numerose scuole o sette che presero il nome di zong (5) (letteralmente “tempio ancestrale”) o pai (“ramificazione”). Di queste le più importanti furono la scuola della Terra Pura (Jingtu) che si diffuse prevalentemente a livello popolare e la scuola Chan, ancora presenti.
 
Religioni in Cina: BuddhismoEsiste anche un’altra forma di buddhismo: il Buddhismo tibetano (o lamaismo), diffuso soprattutto in Tibet e nella Mongolia Interna, anche se negli ultimi decenni accoglie un sempre maggior numero di adepti di etnia Han. Si stima la presenza in Cina di circa 13 000 templi buddhisti, tra cui si annovera anche il famosissimo monastero di Shaolin, non lontano da Luoyang, noto per le capacità marziali dei monaci.

Le altre religioni

Religioni in Cina: IslamAttraverso la Via della seta, l’Islam è entrato in Cina intorno al VII sec. insediandosi in particolare nella regione dello Yunnan dove gli attuali membri dell'etnia Hui, del tutto simili culturalmente agli Han tranne per la religione, discendono generalmente da Han convertiti alla religione musulmana.
 
La chiesa cattolica di PechinoPer quanto riguarda la situazione del Cristianesimo, le recenti stime governative riportano oltre 4600 chiese riconosciute ufficialmente e accettate dalle autorità, che formano la Chiesa patriottica, a cui devono essere aggiunti i luoghi di culto della Chiesa cattolica sotterranea (quella non ancora riconosciuta ufficialmente): il governo centrale di Pechino infatti cerca di tenere alto il livello di controllo sulle religioni, quindi la legge in vigore consente ed autorizza solo le chiese cristiane sotto il controllo del Partito.
 
Anche il Cristianesimo giunse in Cina, insieme alle altre due religioni monoteiste (Islam e Ebraismo), inizialmente attraverso la Via della Seta; ma fu solo con l’arrivo delle missioni gesuitiche e in particolare grazie alla figura di Matteo Ricci (Li Madou 1552-1610) che il Cristianesimo iniziò lentamente a diffondersi. Contemporaneamente, sempre nel VII secolo, giunse anche l’ebraismo che dette luogo a comunità ebraiche tuttora presenti nel territorio cinese nelle città di Harbin, Shanghai, Guangzhou e Kaifeng.

Rita Barbieri

 

(1) Esiste anche un’ulteriore opera definita taoista, il Liezi, che però è più tarda.
(2) (3) Daojia, termine coniato in epoca Han, è correntemente tradotto come ‘filosofia taoista’ ma, all’epoca della stesura (stratificata) dei testi cardine, non sembra che esistesse una consapevolezza precisa da parte degli autori di appartenere o di fondare una nuova scuola. Per quanto riguarda invece il successivo ‘taoismo religioso’ (daojiao), almeno relativamente al taoismo ‘ufficiale’ sostenuto dalla corte a partire dall’epoca Tang, si ha in effetti una percezione di maggiore unitarietà.
(4) Per il buddhismo indiano il fine ultimo dell’uomo è la liberazione dal samsara (ciclo delle rinascite) per il quale un essere torna a nascere nel mondo. Il samsara è vissuto negativamente, come una prigione nella quale si è costretti perché è difficilissimo rinascere in forma umana (l’unica che permetta la liberazione e il nirvana, cioè il ricongiungimento finale con l’assoluto).
(5) Il termine zong, apparteneva originariamente alla terminologia rituale del sistema familiare e indicava una sorta di linea ancestrale. Il significato venne poi traslato fino ad indicare una specie di “filiazione spirituale” tra il maestro e il discepolo, in cui il maestro tramandava una particolare dottrina. L’appartenenza agli zong non era esclusiva, infatti si poteva appartenere indifferentemente a una o più scuole. Il concetto di “filiazione spirituale” fu poi ripreso ed enfatizzato dalla corrente Chan con la lista dei patriarchi.

 

Ipse dixit

La reincarnazione o trasmigrazione è una credenza che è molto cara a milioni di persone in India, e anche in Cina. Per molti, si potrebbe quasi dire, è materia di esperienza e non più soltanto di adesione accademica. La reincarnazione dà una spiegazione ragionevole ai molti misteri della vita.

Mahatma Gandhi, dalla lettera a Tolstoj del 1° ottobre 1909

 

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