LA LETTERATURA CINESE CLASSICA:
UNO STRUMENTO EDUCATIVO
In Cina, il carattere con cui si traduce più efficacemente la parola ‘letteratura’ è wen che etimologicamente ha vari significati ma tutti comunicanti l’idea di uno schema che si ripete (come per esempio in un tessuto). Può avere anche il significato di ‘linea, vena, venatura’ e si presenta come la forma visibile del li, il ‘principio’: ciò che sta alla base del mondo.
Il wen era dunque, effettivamente, la chiave di lettura e di interpretazione del mondo: il tramite attraverso cui capire il codice dell’universo e delle sue innumerevoli manifestazioni.
Inoltre, per la sua natura logografica, nella lingua cinese il carattere non solo rappresenta ma è di fatto l’oggetto che indica. In questo senso il wen è espressione del ‘principio’ sottostante ed è proprio per questo che di esso deve parlare: la letteratura deve descrivere l’ordine del mondo, deve rendere manifesto ciò che è implicito e soggiacente.
Il testo (wen) rivela il li presente nel mondo e per questo lo rende comprensibile, di conseguenza la letteratura non può che essere didattica: la Storia, la letteratura non erano una semplice cronaca dei fatti, ma descrivevano e traducevano in parole quello che era (o quello che si voleva far credere fosse) l’ordine ‘naturale’ e giusto delle cose. Per questo motivo ciò che non rientrava nella letteratura ‘corretta’ (ovvero nella corretta interpretazione delle leggi del mondo) veniva messo al bando o, nel peggiore dei casi, messo a rogo: famoso per esempio quello ordinato da Qin Shihuangdi nel 213 a.C., in cui si bruciarono perfino i Classici confuciani.
Come in molti altri Paesi, anche in Cina sono esistiti fin dai tempi più antichi appositi organi, gestiti dall’alto, che si occupavano di scrivere, trasmettere e talvolta ‘revisionare’ accuratamente i fatti secondo criteri precisi che cambiavano con il susseguirsi delle epoche: durante il succedersi delle varie dinastie per esempio, era compito degli storiografi scrivere e far conoscere gli avvenimenti tenendo presente la prospettiva e gli obiettivi della casa regnante. Questo perché la Storia era considerata, insieme alla filosofia e ai classici confuciani, una delle forme più alte di letteratura che in Cina non era vista (almeno nel periodo classico) come una forma di intrattenimento o di espressione del singolo ma come uno strumento educativo: la letteratura deve insegnare, formare, correggere, emendare.
“La letteratura della Cina tradizionale può essere descritta come una matematica della società. Ciascuna situazione non permette che una sola valutazione morale. (...) Un testo è un atto non un fatto.” (1)
Il wenyan
Inoltre i primi testi erano scritti su materiali estremamente costosi (come la seta) o poco maneggevoli (come le listarelle di bambù legate insieme), per questo si faceva un’accurata selezione dei testi da diffondere. Solo in seguito all’utilizzo della carta come supporto per la scrittura, intorno al I sec. d. C., si cominciò a diffondere anche un altro tipo di letteratura considerata più ‘bassa’ (narrativa, testi medici, religiosi ecc.), ma continuò ad essere la cosiddetta ‘letteratura alta’ l’unica a essere riconosciuta e appresa a corte e, per questo tipo di opere, venne codificato un vero e proprio “stile letterario”: il wenyan.
I bibliografi tradizionali distinguono gli scritti in quattro categorie: i Classici, le Storie, i Filosofi e le Raccolte. Tutti questi testi rappresentano ineccepibili formulazioni del vero e i Classici, essendo parole e insegnamenti dei saggi sovrani dell’antichità, sono i migliori tra questi.
I cinque classici
I Cinque Classici comprendono: lo Shijing (libro delle Odi), lo Yijing (Libro dei Mutamenti), il Chunqiu (Primavere e Autunni), lo Shujing (Classico dei documenti) e il Li (Riti). Si tratta di testi estremamente eterogenei nei contenuti e nella data di composizione (si va dal X al I sec. a.C.) a cui, nel corso delle epoche successive, vennero aggiunti i vari Commentari (testi utili per la comprensione dei classici) e i Quattro Libri Confuciani (Sishu) che comprendono il Lunyu (Dialoghi), il Mengzi (Mencio), il Zhongyong (Giusto Mezzo) e il Daxue (Grande studio/Grande Scienza).
Essendo attribuiti ai saggi e ai sacri sovrani dell’antichità, i Classici sono considerati una perfetta espressione per forma e contenuto della Via, che manifestano nella forma più appropriata e alta. Proprio per questo motivo, essi fondarono la base dell’istruzione e della cultura cinese:
“Studiando la letteratura, non si imparava soltanto la Via, ma anche come esprimerla in parole. Studiando le opere dei grandi scrittori, se ne assimilavano i modi di reagire e esprimersi per prepararsi a avere reazioni simili in situazioni analoghe. (...) Attraverso lo studio si lustrava lo specchio del proprio spirito fino a raggiungere una perfezione completa (...).” (2)
Così i testi che rappresentavano coerentemente il ‘vero’, diventarono dei veri e propri modelli stilistici da seguire, come nel caso dello Shiji di Sima Qian (ca 145-87 a.C.), redatto in epoca Han e successivamente imitato da tutte le opere storiche seguenti. In questo monumentale compendio non ci si limitava soltanto a esporre con dovizia di dettagli la cronologia imperiale, ma si esplicitavano le basi ideologiche che sostenevano e giustificavano la presenza dell’imperatore e della corte: lo Stato era dunque il ‘censore letterario’ che aveva il compito di combattere la letteratura scorretta, quella che dava una errata interpretazione dei fatti.
In questo senso quindi una letteratura ‘fantastica’ e ‘artificiale’ era potenzialmente dannosa: la narrativa (xiaoshuo, lett. ‘piccolo discorso’) è per definizione fuorviante e corrotta. Nonostante questo però, la ‘letteratura d’intrattenimento’ continuava a essere scritta e prodotta proprio a uso e consumo di quegli stessi funzionari che tanto la criticavano: si scrivevano testi per le rappresentazioni teatrali, novelle, ballate e alcuni di questi erano redatti non in wenyan ma in baihua (lingua piana). Si cominciavano dunque a delineare le caratteristiche di una letteratura più ‘leggera’ che sarebbe poi sbocciata nel sedicesimo secolo.
Rita Barbieri
(1) Idema, Haft, Letteratura Cinese, p. 49.
(2) Idema, Haft, op. cit., p. 65.
Savevi che...
Non è stato solo Mao Zedong ad ordinare "roghi culturali": è rimasto famoso, per esempio, anche quello ordinato da Qin Shihuangdi nel 213 a.C., in cui si bruciarono perfino i Classici confuciani.